Morte a Venezia, American Graffiti, La polizia non può sparare, sono alcuni dei titoli della opere di Alessandro Pagani, giovane pittore milanese, che sembra ripercorrere attraverso i suoi dipinti la propria memoria cinematografica.
Il mondo del cinema, oltre ad avere spesso ricevuto influssi e contaminazioni dalle altre arti figurative, ha anche avuto un ruolo decisivo sullo sviluppo e la nascita di determinate creazioni artistiche, a cominciare dalla pop art, che ha “consacrato” e idealizzato dive e personaggi appartenenti al mondo della celluloide.
Lontano da quel mondo dorato delle attrici del passato, Alessandro Pagani sceglie di riportare sulla tela, immagini tratte dei film che lo hanno appassionato nella sua infanzia, ricostruendo così una propria storia cinematografica. La maggior parte delle scene rappresentate sulla tela appartengono, infatti, a pellicole degli anni settanta, di carattere poliziesco e noir. Non mancano certo citazioni di film d’autore, ma a predominare sono proprio quei cosiddetti b-movie, che disprezzati dalla critica e dal “pubblico colto” hanno però appassionato il grande pubblico.
In questo lavoro di “rivalutazione” Pagani prende due o tre istantanee di film differenti e le accosta sulla tela, racchiudendole all’interno di campiture piatte, spesso di colori squillanti. Gli accostamenti sono a volte bizzarri e particolari, come ad esempio quello tra “Morte e Venezia” di Visconti ed un film di Nicolas Roeg con Donald Sutherland intitolato “A Venezia un dicembre rosso shocking”, unione dettata dalla comune ambientazione delle pellicole.
Barbara Frigerio