PREMIO MOVIMENTO SEGRETE DI BOCCA III

PREMIO MOVIMENTO SEGRETE DI BOCCA III

dal 08 ottobre 2008 al 26 ottobre 2008

Libreria Bocca - Galleria Vittorio Emanuele II 12, 20121 Milano

Le opere pervenute sono così tante che ci trasferiamo con loro, ospiti in una grande fotolito, dalleparti di “città studi”.Comincio con il ringraziare chi ci ha accolti, ingombrati davvero, perché lo spazio per l’arte è anchequello dell’ammasso, del deposito.Conosco pittori talentuosi che non dipingono su tele grandi, pur desiderandolo, perché non hanno lospazio. Ho visto spazi immensi invece, destinati all’arte, perché qualcuno l’ha voluta smerciare così,chiamare così. Torniamo al premio. Centinaia di quadri, tautologicamente quadrati, libere le dimensioni. In quel calei-doscopio di colori e di materia stemperata e rappresa su tela, di cartelline di accompagnamento conbiografie, dischetti a contenere altre immagini, avvertivamo – forse farei meglio a parlar per me – lospaesamento, la paura di essere giudici e liquidare un artista con la sentenza di un voto.Speravamo in sorprese contenutistiche, sostanziali… siamo o no nell’epoca della decostruzione, delpost concettualismo, del post modernismo?Ce ne sono state poche, a dispetto della quantità delle opere pervenute. Bene, questa la sorpresa,che poi è stata anche quella per il vincitore, Emanuele Dascanio.Una natura morta, un melograno che schiude elegantemente la scorza come un fiore “narciso” amostrar la sua polpa rubinia, con granelli succosi ben definiti e stillanti di luce. Un’anatomia vesalianadi un frutto, con il suo drappo nero e lucido a far da scenografico sfondo; spicchi generosi cometentacoli vanitosi: tecnica a olio.È piaciuta moltissimo, indiscutibilmente, a tutti, anche alla giuria popolare, che quest’anno ha contri-buito con ben trecento voti (molti di più delle scorse edizioni, e corrispondente almeno al doppio dei visitatori accorsi ad ammirare le opere già scremate).

La critica, non tutta, ovvio, ma in gran parte, e il pubblico, si sono incontrati come non avveniva dadecenni. “Questo sa disegnare”, “il livello tecnico è indiscutibilmente ottimo”. Sono le frasi che più sirincorrevano di bocca in bocca, dagli specialisti ai semplici amanti (o amatori) dell’arte.E che cos’è che è stato amato, che cosa è stato premiato?“Si ama ciò che è sicuro” intuiva con il suo pensiero radente e con parsimoniosa spietatezza PhilippeRoth ne “La cripta dei Cappuccini”.Nessuna svalutazione, che a giochi fatti poi sarebbe proprio meschina, oltre che inutile.Solo alcune considerazioni che non intaccano di un millimetro il meritato premio, vagliato e votato inpiù di un’occasione, da comitati e giuria popolare. Ha vinto un dejà cool, qualcosa che incanta per buona fattura, per mano felice, che sa di prezioso eben si collocherebbe nelle nostre case: perché noi votiamo quello che starebbe bene, al sicuro, nel nostro nido.Non pone alcuna domanda: un melograno è un melograno, e da solo ha espulso la figura umanadal dipinto, di nuovo, dopo cinquecento anni. Non presenta, rappresenta, cioè presenta due volte: laseconda raccoglie le lezioni di un’accademia che si contenta di arredare, che non innova.Il passato non eccita, ma certo non delude mai.Non è accostato a nulla, non condivide la sua esistenza con un altro soggetto, è tutto intero unmelograno squarciato con il bisturi del pennello, quindi non è nemmeno un simbolo.Finalmente non c’è minaccia al decoro, c’è un’arte che offre caratura realizzativa robusta. È estrema-mente denotante che, depositati nei manuali e nei saggi “il tutto quello che volete sapere sulla tecni-ca”, di tecnica si torni a parlare, di lei si chieda.Questo è un dato storico, credo. La pittura a olio nasce nel 1100.

Oggi si grida alla vetusta novità. A un frutto che in silenzio mostra il suo ventre come la parte più bella di sé, affidiamo volentieri lenostre emozioni, la nostra ostinata domanda di bellezza, fin troppo maltrattata e sballottata da instal-lazioni, performance, scatti allucinati e dictat critici imposti da una nuova casta, chiamata a guidare lemasse di acquirenti che leggono prima il nome del curatore, poi eventualmente quello dell’artista, eche raramente concedono uno sguardo – anche di perplessità – alla sua benedetta opera.E perché dovrebbero? L’arte è un investimento, punto: potente narcotico, efficacissimo sul mercato.Per chi scrive, l’unico investimento è quello che temo dall’autobus che ferma vicino a me, per miadisattenzione. L’unico che amo, è quello sul senso che sa colpire come una rivelazione; su una bel-lezza che non debba dimostrarmi fase per fase i suoi trucchi d’ufficio. Penso a una bellezza espres-siva come a una confessione intima e pubblica al contempo, di chi, per esempio (Diotallevi) è abba-stanza maturo per non diventare rosso parlando della sua vergogna, del suo impaccio. Infatti la tela,piccolina, antieroica, è verde smeraldo.La realizzazione di questo evento, di cui la Libreria Bocca si è fatta carico prima che protagonista, hapermesso a tutti, tutti i partecipanti, di essere visti, guardati e valutati attraverso la propria opera. Hafatto sì che chi scrive di arte, avesse il privilegio rarissimo di discuterne, di tornare a parlare di arte.Non ci sono più i movimenti artistici, da che nel passato è sfuocato e passato il Futurismo, perché gliartisti non si confrontano, non si incontrano, non si ascoltano e non parlano. Un premio retinico cheha sollecitato anche le nostre “papille acustiche”. Anche per questo esprimo la mia gratitudine all’instancabilemacomefaràmai Giorgio Lodetti.

Cristina Muccioli


Premio Segrete 2008 by Giorgio Lodetti

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