GRAZIANO TINTI

GRAZIANO TINTI

dal 06 febbraio 2003 al 28 febbraio 2003

Libreria Bocca - Galleria Vittorio Emanuele II 12, 20121 Milano

I quadri di Graziano Tinti sono prima di tutto dei ragionamenti della visione di una metafisica del quotidiano che inducono a nuovi pensieri nei confronti delle cose e della loro immagine, infine motivano più complicati approfondimenti. 
Cosa stiamo vedendo? L’ordine o il disordine di un quotidiano fatto di cose? Quale è il sistema visivo che sorregge questa indagine tanto pittorica quanto magica?
Sicuramente l’alternanza, quasi musicale, della scala delle costanti sulle varianti assicura alla sua pittura quell carattere magico e allo stesso tempo realista che costituisce la sua cifra e la sua riconoscibilità.
La stessa forza, scandita da cicli di lavoro, del suo modus operandi è riconducibile ad un sistema di indagine dove gli effetti non sono elementari ma decisamente straordinari. Cosa stiamo vedendo? In realtà il vocabolario visivo di Graziano Tinti è estremamente ridotto, si tratta di oggetti d’uso quotidiano che si dispongono alla visione in termini di ordine e di disordine, come se ogni volta queste tovaglie o questi strofinacci sfuggissero all’ordine di un ripiegamento o di una disposizione anonima per assumere un carattere personale della piega, in definitiva assumono il livello dell’identità dell’oggetto. Scomponendo infine il pattern della natura quotidiana del vivere. Vivendo di vita propria questi oggetti sfuggono alla gravità terrena scegliendo al suo posto una reale levitazione che ne restituisce l’identità e che rinvia alla materia stessa di cui essi sono costituiti. In realtà si tratta di tessuti che ripiegati o spiegati trascinano con sè quell’ accentoe così forte della pittura che veniva definito dal drappeggio di tessuti e dalla incredibile capacità della disciplina pittorica di declinarlo e di mostrarlo attraverso abiti e tendaggi. La pittura di graziano Tinti è prima di tutto richiamo a questa condizione classica del della piega del tessuto e tuttavia non scade nella trappola del citazionismo, anzi la riflette riformulandola in toto a partire dall’ordito e cioè dalla condizione primaria del tessuto. 
E’ qui che Graziano Tinti è in grado di riformulare l’origine della pittura e della sua arte. Al centro dell’ordine del giorno, che titola questo ciclo di opere, dispone una vera e propria mozione d’ordine che ristabilisce le origine della trama dell’arte e le riporta a quel livello di visibilità e di invisibilità tipico della piega e del gesto del ripiegare. La stessa derivazione del termine ordine che in latino (ordo, ordinis) indicava l’ordine dei fili nella trama ci permette di pensare a queste tele come ad una vera e propria indagine sul racconto della pittura nei termini più originari ed allo stesso tempo singolari. In più, e non va dimenticato, la contiguità della radice tra le parole arte e ordine è assicurata dal suo significato primario: ars, artis è prima di tutto articolare ordinare.
All’ordine del giorno Graziano Tinti dispone prima di tutto la pittura, le sue ragioni storiche e le sue radici quotidiane, quelle che accompagnano anche la nostra contemporaneità e che le permettono di levitare lungo i sentieri di uno spazio inedito dove anche il semplice ripiegamento di un tessuto desta meraviglia e sorpresa e dove l’uscita ribelle da un ordine costituito annuncia e dichiara la possibilità mai esaurita dell’ arte della pittura anche oggi. E tutto questo Graziano Tinti lo offre allo sguardo attraverso un modello singolare di articolazione dell’ordine del visivo perchè resituisce al nostro vedere il vero senso dell’ordine della pittura, che senza inganno, ci sorprende sempre nel pensiero e regola il nostro quadro quotidiano.

Antonio d’Avossa

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